Prima di tutto, cos'è un selfie e perché o si ama o si odia?
Un selfie è un banalissimo autoscatto, realizzato con uno smartphone o con un tablet – una cosa che esiste da sempre, quindi, che in passato si chiamava autoritratto ed era un'abitudine molto aristocratica, artistica ed elevata, che successivamente ha ceduto il posto alla fotografia, e che oggi passa attraverso i dispositivi tecnologici più diffusi e utilizzati.
Da che mondo è mondo, quindi, (perché potremmo arrivare fino agli omini che scolpivano se stessi, danzanti, sulla roccia viva! O agli antichi Egizi) l'essere umano ha sentito ed espresso l'impulso naturale a vedersi da fuori, e a rappresentarsi tramite un supporto visuale che risultasse visibile anche agli altri – un'iscrizione, un dipinto, una fotografia, oggi un selfie.
É una pratica che può pendere di più dal lato del narcisismo e dell'autocompiacimento, o più da quello dell'introspezione e dell'autoconoscenza; nel primo caso, sarà amata dai vanitosi e odiata dai timidi, nel secondo viceversa. A ogni modo, l'atto in sé comprende entrambe le facce della medaglia.
Come sperimentare, quindi, il selfie, con consapevolezza e giovamento?
1) Osservandosi anche da dentro, oltre che da fuori. Va tutto bene, anche il narcisismo e la vanità – la legge non li vieta, grazie a dio :-D L'importante è trarre il massimo dell'ispirazione dal selfie stesso e raccogliere veramente l'invito che, profondamente, esso ci fa: quello di guardarci, e vederci, per chi siamo veramente. Renderci conto, attraverso l'occhio interiore e la sensibilità, di cosa stiamo cercando in quell'esperienza, è il sublime nettare dell'esperienza stessa – è un peccato non assaporarlo, visto che essa lo distilla apposta per noi ;-)
2) Risparmiando e rendendo più sostenibile la propria vita. Molto banalmente, se per lavoro o per altro, mi servono delle foto di me stessa/o e posso imparare a farmi dei bei selfie, invece di pagare un fotografo per uno o più servizi, la questione si fa interessante!
3) Lasciandosi andare, liberi dai condizionamenti esterni. Sì, perché sapere che c'è un preciso occhio a guardarci ha immediatamente un altrettanto preciso effetto su di noi, sulla nostra postura, sulle microespressioni e sul modo in cui ci poniamo fisicamente. A volte ci sentiamo a nostro agio, rilassati o esaltati, altre volte prevalgono disagio, stress o difficoltà, ma comunque un Altro ben definito ci influenza. Se l'Altro, invece, è indefinito, come succede quando ci si esibisce su un palcoscenico, quando si parla a una videocamera oppure davanti a un selfie, la faccenda si fa magica, perché riusciamo a lasciarci andare al punto tale da permettere che emergano dei lati di noi nuovi, sconosciuti, insondati; si creano delle condizioni che facilitano l'espressione di risorse in libertà, mentre nelle relazioni ordinarie tendono a prevalere le limitazioni.
4) Facendo una ricerca su se stessi. Io, sin dall'infanzia, ho attraversato mille complessi, disagi e difficoltà rispetto al corpo, per varie ragioni, ma la vita mi ha messo da sempre nella posizione di dovermi esibire, prima come figlia, poi come artista e in ultimo come coach. Facendo queste esperienze, mi è capitato spessissimo di meravigliarmi nello scoprire, tramite riprese, foto, video e quant'altro, lati di me che non avevo mai notato; per questo adoro essere immortalata senza sapere che sta succedendo, mentre detesto dovermi mettere in posa: perché solo nel primo caso il corpo (il lato più denso e visibile della nostra identità) lascia trapelare informazioni ben più sottili e invisibili, ed è un po' come il momento dell'arcobaleno, dura un attimo ma mostra qualcosa di stupefacente! Conoscere meglio se stessi equivale a conoscere meglio la natura umana in sé, donandoci spessore umano, consapevolezza delle sfumature e valore.
5) Osservando come immagine interiore e immagine esteriore interagiscono tra loro. Sono e saranno sempre due aspetti opposti e complementari di noi, che come due sposi danzano e si fondono, poi si allontanano e separano, in un'alchimia costante, un flusso senza fine. Noi siamo entrambe le facce della medaglia: anime eterne e impalpabili, ma anche corpi, pelli, ossa e vestiti, ed effettivamente la nostra identità non è fatta dall'una o dall'altra sfera, ma dall'intelligente commistione tra le due. Questo da un selfie può emergere perfettamente: quanto spazio diamo all'anima? troppo? troppo poco? E quanto ne diamo al corpo? Dentro è avvenuto un matrimonio tra le due metà, o prevalgono l'incomunicabilità e il conflitto?
Goditi pure il tuo selfie, quindi, e ricorda, come diceva Bill Blass, "Lo stile è soprattutto una questione d'istinto".
Ilaria Cusano
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