29.4.15

5 modi profondi e intelligenti di usare i selfie


Sul pianeta Terra, niente è bello/brutto, buono/cattivo, intelligente/stupido di per sé; tutto può far pendere più da una parte o dall'altra l'ago della bilancia, a seconda dell'intento e dell'atteggiamento del soggetto protagonista dell'azione. In base a questo principio (un vero e proprio salvavita, per me!), negli ultimi tempi mi sono ricreduta sul valore della frivolezza, del cazzeggio, dello shopping e, dulcis in fundo, dei selfie! Ma sì, sono così noiose quelle persone che mettono un'etichetta a prescindere – io mi diverto di più a trovare il lato bello, profondo e utile in ogni cosa e persona, perciò partiamo :-)

Prima di tutto, cos'è un selfie e perché o si ama o si odia?

Un selfie è un banalissimo autoscatto, realizzato con uno smartphone o con un tablet – una cosa che esiste da sempre, quindi, che in passato si chiamava autoritratto ed era un'abitudine molto aristocratica, artistica ed elevata, che successivamente ha ceduto il posto alla fotografia, e che oggi passa attraverso i dispositivi tecnologici più diffusi e utilizzati.
Da che mondo è mondo, quindi, (perché potremmo arrivare fino agli omini che scolpivano se stessi, danzanti, sulla roccia viva! O agli antichi Egizi) l'essere umano ha sentito ed espresso l'impulso naturale a vedersi da fuori, e a rappresentarsi tramite un supporto visuale che risultasse visibile anche agli altri – un'iscrizione, un dipinto, una fotografia, oggi un selfie.
É una pratica che può pendere di più dal lato del narcisismo e dell'autocompiacimento, o più da quello dell'introspezione e dell'autoconoscenza; nel primo caso, sarà amata dai vanitosi e odiata dai timidi, nel secondo viceversa. A ogni modo, l'atto in sé comprende entrambe le facce della medaglia.

Come sperimentare, quindi, il selfie, con consapevolezza e giovamento?

1) Osservandosi anche da dentro, oltre che da fuori. Va tutto bene, anche il narcisismo e la vanità – la legge non li vieta, grazie a dio :-D L'importante è trarre il massimo dell'ispirazione dal selfie stesso e raccogliere veramente l'invito che, profondamente, esso ci fa: quello di guardarci, e vederci, per chi siamo veramente. Renderci conto, attraverso l'occhio interiore e la sensibilità, di cosa stiamo cercando in quell'esperienza, è il sublime nettare dell'esperienza stessa – è un peccato non assaporarlo, visto che essa lo distilla apposta per noi ;-)
2) Risparmiando e rendendo più sostenibile la propria vita. Molto banalmente, se per lavoro o per altro, mi servono delle foto di me stessa/o e posso imparare a farmi dei bei selfie, invece di pagare un fotografo per uno o più servizi, la questione si fa interessante!
3) Lasciandosi andare, liberi dai condizionamenti esterni. Sì, perché sapere che c'è un preciso occhio a guardarci ha immediatamente un altrettanto preciso effetto su di noi, sulla nostra postura, sulle microespressioni e sul modo in cui ci poniamo fisicamente. A volte ci sentiamo a nostro agio, rilassati o esaltati, altre volte prevalgono disagio, stress o difficoltà, ma comunque un Altro ben definito ci influenza. Se l'Altro, invece, è indefinito, come succede quando ci si esibisce su un palcoscenico, quando si parla a una videocamera oppure davanti a un selfie, la faccenda si fa magica, perché riusciamo a lasciarci andare al punto tale da permettere che emergano dei lati di noi nuovi, sconosciuti, insondati; si creano delle condizioni che facilitano l'espressione di risorse in libertà, mentre nelle relazioni ordinarie tendono a prevalere le limitazioni.
4) Facendo una ricerca su se stessi. Io, sin dall'infanzia, ho attraversato mille complessi, disagi e difficoltà rispetto al corpo, per varie ragioni, ma la vita mi ha messo da sempre nella posizione di dovermi esibire, prima come figlia, poi come artista e in ultimo come coach. Facendo queste esperienze, mi è capitato spessissimo di meravigliarmi nello scoprire, tramite riprese, foto, video e quant'altro, lati di me che non avevo mai notato; per questo adoro essere immortalata senza sapere che sta succedendo, mentre detesto dovermi mettere in posa: perché solo nel primo caso il corpo (il lato più denso e visibile della nostra identità) lascia trapelare informazioni ben più sottili e invisibili, ed è un po' come il momento dell'arcobaleno, dura un attimo ma mostra qualcosa di stupefacente! Conoscere meglio se stessi equivale a conoscere meglio la natura umana in sé, donandoci spessore umano, consapevolezza delle sfumature e valore.
5) Osservando come immagine interiore e immagine esteriore interagiscono tra loro. Sono e saranno sempre due aspetti opposti e complementari di noi, che come due sposi danzano e si fondono, poi si allontanano e separano, in un'alchimia costante, un flusso senza fine. Noi siamo entrambe le facce della medaglia: anime eterne e impalpabili, ma anche corpi, pelli, ossa e vestiti, ed effettivamente la nostra identità non è fatta dall'una o dall'altra sfera, ma dall'intelligente commistione tra le due. Questo da un selfie può emergere perfettamente: quanto spazio diamo all'anima? troppo? troppo poco? E quanto ne diamo al corpo? Dentro è avvenuto un matrimonio tra le due metà, o prevalgono l'incomunicabilità e il conflitto?

Goditi pure il tuo selfie, quindi, e ricorda, come diceva Bill Blass, "Lo stile è soprattutto una questione d'istinto".

Ilaria Cusano


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