12.5.15

Fondamentalismi, vita di campagna e flussi dell'anima.


Spesso la mia amica Elisa ed io ci confrontiamo sul tema dell'inutilità di determinati idealismi, perché ne abbiamo fatto esperienza non solo come persone, ma anche appartenendo a dei contesti sociali in cui, partendo dal sacrosanto obiettivo di preservare alcuni precisi valori preziosi e importanti, si finisce col (o con il rischiare di) rasentare l'integralismo. Ieri, per esempio, lei ha condiviso il bellissimo articolo sull'alimentazione E liberaci dal cibo, che consiglio vivamente, ma anche il suo splendido racconto Lievito Madre (pag. 3), con cui ha vinto la prima selezione del concorso letterario 8x8 e con cui secondo me ci sono ottime probabilità che vincerà anche la finale, va nella stessa direzione, che è un po' anche quella di Albert Camus quando dice È per una sorta di snobismo spirituale che le persone credono di poter essere felici senza soldi. Questo è il punto: lo snobismo spirituale, quell'atteggiamento che, giustamente, tende a prendere forma nelle frange più emarginate e schiacciate della società umana, quelle in cui dimorano valori sani, importanti e preziosi che, però, per una serie molto ampia di fattori, non vengono adeguatamente integrati dalla comunità nel suo insieme. Così si crea un allarme, un faro che segnala che lì c'è qualcosa da ascoltare, da osservare e da assimilare, in qualche modo. Ma questo vale per chi sta fuori da tali cerchie; cosa succede, invece, a chi vi abita, a chi sta dentro?

Che fine fanno i fricchettoni, da grandi?


Uno di questi gruppi, che tutti conosciamo da decenni, è quello dei fricchettoni, degni successori dei loro progenitori: i bohémien. L'integrazione sociale del messaggio di cui questa sub-cultura si fa portatrice è in corso, è evidente: l'attenzione alla salubrità del cibo, l'arte che acquisisce spazio e dignità divenendo imprenditoria, moda (radical-chic e boho) e stile di vita, e valori come l'ecologia, la sostenibilità, il benessere e la cura del territorio che assurgono alle altissime vette del trend, divenendo delle vere e proprie leggi culturali. Ma molti fricchettoni, ahimè, di questo neppure si accorgono, guardandovi con lo stesso sospetto e scetticismo che, nel corso dei decenni, si sono abituati ad appiccicare a tutto. È paradossale e triste, ma spesso vengono integrati i valori di cui le persone si fanno portatrici, mentre le persone stesse non riescono a partecipare al processo, chiudendosi sempre di più, arroccandosi ciecamente e rabbiosamente su certe posizioni, e spingendosi verso eccessi ed estremismi pericolosi e controproducenti, in primis per se stessi. Uno di questi estremismi, in cui sono caduta anch'io, è la vita di campagna. Sono partita dall'intento di costruirmi uno stile di vita sano (intelligente e legittimo, non c'è che dire!), mi sono spostata in avanti concentrandomi sulla sostenibilità della mia giornata e sul benessere dell'organizzazione del mio lavoro (fin qui tutto ok, anzi, lo consiglio a tutti), ma a un certo punto, con più o meno consapevolezza o inerzia, mi sono ritrovata a guardarmi intorno e ad accorgermi che il contesto in cui ero finita non mi corrispondeva affatto: avevo esagerato! Cercavo un rapporto stretto con la natura e una comunità locale, che mi facessero un po' da famiglia e da seconda pelle, e invece mi sono circondata di persone cresciute su un altro pianeta rispetto a me, che parlavano una lingua completamente diversa, che non capivano quasi niente di ciò che io dicevo e, soprattutto, che stavano immaginando un mondo del tutto diverso da quello che sto immaginando io. Ero un'aliena a casa. «Va bene la bio-diversità», mi sono detta, «ma qui non c'è, perché l'unica diversa sono io!».

La vita di campagna e i flussi dell'anima.

Vivere in campagna, in un piccolo borgo medievale (in tutti i sensi!) immerso nel verde, fa bene alla salute, permette di raccogliersi, ritrovarsi, recuperare l'essenza del viaggio della propria vita, ma anche della vita stessa, fatta di piccole gioie quotidiane, di rapporti banali ma pur sempre umani, e di piedi per terra, in un'Italia che, di fatto, è più così (medievale) che come appare nelle grandi città, almeno per numeri ed estensione territoriale. In alcuni casi, quindi, relativamente a determinati obiettivi, la vita di campagna è illuminante e assai benefica: nel piccolo villaggio si ha l'opportunità di recuperare il flusso originale della propria anima, perché si ricorda immediatamente chi si è in questo mondo, da sempre e per sempre. Dopo, però, è fondamentale chiedersi se il seme della propria anima, in un contesto dove vigono determinate formae mentis e abitudini sociali, può diventare una pianta e sbocciare in tutto il suo potenziale, oppure no, perché non basta recuperare se stessi, nella vita bisogna anche svilupparsi, raggiungere l'apice e appassire, e se in un certo contesto la terra, l'aria e la luce (metaforicamente parlando) non sono adatti a sé, il seme dell'anima soffre, e soprattutto rimane bloccato nell'oscurità del grembo di Madre Terra, privando se stesso e la comunità intera del proprio splendore possibile.
Allora ti faccio le stesse domande che mi sono fatta io, in prima persona – rispondi nei commenti, così potrai mettere a disposizione anche degli altri le tue riflessioni:
1) Il luogo in cui vivi ti permette di manifestarti, esprimerti e svilupparti al massimo delle tue potenzialità?
2) Le persone di cui sei circondato/a nel quotidiano hanno gli strumenti e l'atteggiamento necessari per accogliere, comprendere e apprezzare il contributo che tu stai portando alla comunità?
3) Sei sicuro/a che stai organizzando la tua giornata (la spesa, il cibo, il lavoro, l'esercizio fisico, e via dicendo) in modo equilibrato e sostenibile, e non ossessivo?
4) Nella tua routine prevalgono il piacere, la serenità e la gioia, oppure il controllo, la fatica e la frustrazione?
E se proprio tutte le risposte a queste domande sono disarmanti, deludenti e/o angoscianti, invece di buttarti giù guarda immediatamente questo splendido video di Cecilia Sardeo, Grazie per Non Aver Creduto in Me [Aumentare l'Autostima], e poi muoviti, subito :-D

Ilaria Cusano



2 commenti:

  1. Cara Ilaria, complimenti per il post molto intimo, raccolto, un vero flusso di parole. È stato un piacere leggerlo. Cerco di rispondere alle tue domande così come hai chiesto.
    1. vivo in una città caotica, ma dove il caos diventa anche creativo. Napoli è difficile da descrivere, tutto il contrario di tutto. Ma basta trovare la propria dimensione, schivare tutte le negatività e anche qui diventa un posto piacevole dove vivere ed esprimersi al massimo.
    2. non sono circondata da molte persone, poche ma buone. E quelle poche riescono ad apprezzare non solo ciò che faccio ma come lo faccio. Spero di portare un buon contributo alla vita degli altri, lo spero tanto.
    3./4. Sì la mia vita è "lenta", dedicata con serenità al lavoro e alle cose che mi piacciono, passeggiare, leggere. Mi sento fortunata e cerco di essere felice. Tutti dovrebbero cercare di esserlo.
    Ovviamente ci sono tanti dubbi, le difficoltà non mancano, ma questa è la vita, un flusso continuo di cambiamenti.
    Sul mio blog pubblico le mie Regole per vivere... se ti va leggiti la n. 3 > http://mimmarapicano.com/index.php/blog/item/60-vivere-d-incertezze.html
    A presto
    Mimma

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    1. Grazie Mimma :-) Sicuramente è importante sentirsi parte del contesto in cui si vive, agisce e respira ogni giorno, e questa appartenenza va maturata, compresa e "digerita", proprio come fai tu :-) Grazie della condivisione (anche del link) - sicuramente può essere d'esempio e supporto per molti :-)

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