È una questione di ego.
Chi, meglio di un divo, può mostrarci il nostro ego? In ambito spirituale, fin troppo spesso si sente parlare di ego in maniera del tutto negativa – di solito lo fa chi ne ha uno grosso e diversi disagi sul groppone, tra l'altro, e che per questo vuole annientare l'interlocutore, per occupare tutto lo spazio da solo; mentre invece l'ego ha un compito e una funzione preziosissimi: intessere giorno dopo giorno una tela, fatta di corporeità, stile, movenze, atteggiamenti e comportamenti, che sappia rappresentare e mettere in scena nel miglior modo possibile i vari personaggi che all'anima occorrono per poter portare il proprio messaggio nella società.
L'ego, in altre parole, è il carattere, la personalità, la maschera che indossiamo ogni giorno nel nostro esistere sociale, in tutti i mondi che nella quotidianità siamo soliti abitare. Una maschera non necessariamente nasconde e camuffa: può anche esprimere e comunicare, più o meno chiaramente, ciò che c'è sotto di essa. In tutti i casi, è la controparte dell'anima: da un lato la protegge e dall'altro la manifesta.
Spesso, purtroppo, questo compito e questa funzione dell'ego non vengono colti (o conosciuti) appieno; anche l'educazione, in questo senso, oggigiorno è ancora molto carente, non offrendo degli strumenti e degli scenari sufficienti, né sufficientemente efficaci, perché crescendo si possa far tranquillamente esperienza del proprio ego, consentendogli di svilupparsi con serenità e pienezza, divenendo conscio di sé, capace e progressivamente sempre più maturo.
Ego negativo ed ego positivo.
Non è una questione moralistica: sono il negativo e il positivo delle vecchie fotografie, l'uno che rivela le forme attraverso l'oscurità, l'altro che le palesa puntando su di loro un faro.
Vasco Rossi è il perfetto rappresentante dell'ego negativo, lunare, colui che attira l'attenzione su di sé mettendo in evidenza i propri limiti e problemi, le proprie ombre, chiedendo aiuto, supporto, riconoscimento e vicinanza, in qualche modo, brillando per umanità, intesa come il sentirsi a proprio agio anche nella fragilità, nella vulnerabilità e nell'errore.
Ligabue, dall'altra parte, incarna ad arte l'ego positivo, solare, cioè chi fa mostra di sé tramite la forza, l'entusiasmo, la passione, la gioia, il successo e la libertà, chi evidenzia il proprio splendore simile a un dio (o a una dea), comportandosi come se facesse parte di un Olimpo a cui, effettivamente, sente di appartenere.
Entrambi amano e soffrono, realizzano e sbagliano, possono risultare antipatici o simpatici; si tratta semplicemente di due modi di essere e di esprimersi, di due temperamenti di base. Ognuno di noi, in linea di massima, propende più verso l'uno o verso l'altro, ma può anche manifestare entrambi, all'occorrenza – un po' è natura, un po' è frutto di una scelta.
Ilaria Cusano
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