19.5.15

Madre e Padre sì, ma di una comunità


Ho fatto ingresso nel mondo adulto e tutti mi hanno cominciato a pressare perché facessi dei figli; per fortuna non mio marito, ma i parenti, gli amici, addirittura gli appena conosciuti, che io dico “Non ti sembra invadente, o quanto meno inopportuno?”. Comunque, le riflessioni sono iniziate, le valutazioni anche, fino ad accedere a un mondo più intimo e sotterraneo, dove c'erano i ricordi dell'infanzia, i sogni notturni, e anche lì io non facevo mai figli. Ma allora la chiarissima percezione, che avevo sempre avuto, e che tuttora ho, di essere anche madre, da dove viene? E mio marito Sandro? Quel suo esistere e comportarsi estremamente paterno che io vedo e riconosco, a chi si rivolge?


La via degli sciamani.

Trascorse il tempo e, grazie a un intervento dell'attrice e autrice teatrale Sara Masi nel corso di un mio seminario, scoprii questa cosa: che, tradizionalmente, gli sciamani rinunciano ad avere dei figli per prendersi cura della comunità, per convogliare tutte le energie materne e paterne con cui notoriamente si crescono i figli, verso la comunità. “Ah, ecco, allora la nostra scelta ha un senso!”. A volte bisogna ritrovare le nostre radici storiche per tranquillizzarci sul fatto che la via che la nostra anima ci indica è quella giusta, è il naturale proseguimento di una determinata linea d'azione (qualcuno la chiama “lignaggio”), di una sorta di tradizione, di messaggio, che viene da molto lontano e che continuerà ben al di là di noi.

Che vuol dire fare da genitori alla comunità?

Non è uguale al fare i genitori dei bambini, perché gli adulti, diversamente dai bambini, sono autonomi, indipendenti e capaci di prendere delle decisioni e di rendere operative tutte le scelte che desiderano. Ma è davvero così? Talvolta no, nel senso che potenzialmente è così, e forse tra l'altro lo è anche per i bambini, ma la maggior parte delle volte le credenze hanno la meglio sulla realtà: spesso gli adulti credono di non potere, e quindi lì il compito sta nell'accompagnarli a ri-scoprire che invece possono, facendo dei passi ben precisi e spiegando loro come memorizzare quali sono, per poterli ripetere di nuovo ogni volta che serve.
Fare da genitori alla comunità viene spontaneo a chi percepisce con chiarezza e nettezza il fatto che la propria famiglia è l'umanità intera, e che ha poco a che vedere con il sangue, l'anagrafe, la residenza e la nazionalità.
Fare da genitori alla comunità implica la consapevolezza (che a mio avviso sarebbe una grande cosa anche per chi fa da genitore a dei bambini) del fatto che non ci sono gerarchie nel legame tra madre/padre e figli: i genitori non sono superiori ai figli, non sono su un piedistallo, non ne sanno di più, non sono più intelligenti, non hanno più esperienza, né tanto meno sono più capaci dei figli; semplicemente, in certi momenti sono chiamati a ricoprire un determinato ruolo, perché questo è funzionale al raggiungimento degli obiettivi comuni, del successo inteso in un senso sociale e collettivo, e non personale e individuale. Dal punto di vista di Madre Terra e Padre Cielo, in un'ottica macrocosmica, noi come persone a mala pena esistiamo; noi siamo un'unica famiglia, una specie, e il nostro benessere si misura in base al grado di adattabilità e armonia che noi riusciamo a realizzare in quanto comunità, e non come singoli. Questo è evidente per chi, come me, Sandro e molti altri in verità, fa da genitore alla comunità prima a che a dei bambini.

Ilaria Cusano



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